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COMMERCIO
Il complesso delle forme di circolazione dei beni
dalla produzione al consumo finale svolto da intermediari quali i mercanti,
in vista della realizzazione di profitto. Quanto più ci si avvicina
ai nostri tempi, escludendo i periodi di guerra e i casi di economie particolarmente
arretrate, la circolazione commerciale avviene con l'intermediazione della
moneta. Nel commercio rientra, però, come caso speciale, anche
lo scambio di prodotti senza moneta, nella forma del baratto. Il commercio
fa parte del settore terziario, o dei servizi, e si distingue dall'agricoltura
(settore primario) e dall'industria (settore secondario).
Lo scambio dei beni è una delle forme essenziali dell'interscambio
umano, uno dei modi con i quali gli uomini intrecciano relazioni, accanto
allo scambio linguistico (lo scambio di informazioni tramite la parola)
e allo scambio matrimoniale (l'allacciamento di parentele). La ragione
fondamentale che dà origine allo scambio di beni è costituita
dalla differente dotazione dei fattori di produzione (la terra, il lavoro
e il capitale) anche in aree vicine e dalla conseguente differenza delle
merci che possono venirvi realizzate. Dal momento che nella maggior parte
dei casi è del tutto impossibile o complicato lo spostamento dei
fattori di produzione da una località all'altra per produrre in
quest'ultima un certo bene, il commercio vi fa fronte con il trasferimento
dei prodotti. Questo trasferimento è di solito compito dei mercanti,
una categoria d'intermediari fondata su una gerarchia complessa: dai maggiori
finanziatori di operazioni di largo raggio, ai piccoli mercanti che si
occupano soltanto della circolazione in ambito locale, fino ai bottegai
e agli ambulanti. Il commercio è quasi sempre esistito, anche se
solo nella forma di scambi occasionali svolti non da mercanti specializzati
ma dai semplici produttori, magari soltanto nella forma del baratto. Lo
scambio occasionale divenne una pratica corrente e più largamente
praticata con la nascita delle città. Allora,
dal momento che una quota pur limitata della popolazione si staccava dalla
produzione agricola specializzandosi in attività militari, politiche,
religiose, artigianali, era necessario che nelle città arrivasse
un flusso continuo di prodotti indispensabili. Spesso erano i contadini
stessi a farsi carico di questi commerci. D'altra parte in città
poteva venir realizzata una produzione specializzata di prodotti artigianali
vendibile al di fuori. L'uso di metalli preziosi e poi, dopo il 700 a.C.,
della moneta, come misura di valore in questi scambi, allargarono senza
dubbio il circuito del commercio. Fino a tempi relativamente recenti,
tuttavia, lo scambio di beni fu ostacolato da numerose limitazioni, in
parte di origine politica: le guerre e l'instabilità politica,
l'insicurezza dei trasporti per mare e per terra, le tassazioni e i lenti
progressi nei mezzi e nei canali di comunicazione (soprattutto le strade
interne). Esisteva, inoltre, ben radicato il sospetto che il guadagno
del mercante fosse frutto di una sorta d'inganno perpetrato ai danni dei
consumatori coll'aumento artificioso dei prezzi di vendita rispetto a
quelli d'acquisto. Ben diverso era il guadagno del contadino o dell'artigiano,
frutto del loro sudore. Di conseguenza un pregiudizio negativo pesò
sulla classe dei mercanti dai tempi di Aristotele a quelli di san Tommaso
e oltre. Ancora più di questi ostacoli, la limitazione del commercio
per lunghi secoli derivò dalla larga diffusione, nelle civiltà
agrarie del passato, della tendenza a far fronte ai propri bisogni con
l'autoconsumo. Dalla piccola famiglia proprietaria alla grande azienda
condotta sulla base del lavoro di schiavi e, più tardi, alla signoria
fondiaria, l'orientamento fu quello di produrre in proprio tutto o quasi
tutto il necessario. Di conseguenza al commercio erano interessate non
le masse, ma solo il sottile strato delle classi abbienti. La quasi totalità
dei beni del commercio era costituita da prodotti di lusso destinati ai
ricchi. Il commercio aveva, dunque, la tendenza a crescere in estensione,
in modo tale da abbracciare aree geografiche sempre più larghe,
anziché in profondità, per far fronte ai bisogni più
vari di ogni famiglia, per quanto povera essa fosse. Ancora durante il
Medioevo, e poi per buona parte dell'Età moderna, gli ostacoli
al dispiegamento del commercio non mancarono e furono perlopiù
gli stessi delle età precedenti. Intorno al 1000, però,
durante quella che è stata chiamata la rivoluzione commerciale
del Medioevo, le cose cominciarono lentamente a cambiare, forse non solo
in Europa, se è vero che progressi negli scambi e novità
nei sistemi commerciali si verificarono anche in Cina negli stessi secoli.
Non si trattò soltanto di un aumento della quantità dei
beni scambiati e dell'ampiezza dei legami commerciali (che pur vi furono
e furono importanti). Migliorarono i mezzi di trasporto e le vie di terra,
l'elaborazione di strumenti bancari tali da favorire i pagamenti anche
senza l'uso di denaro e, fenomeno importante, crebbe la protezione dei
contratti e della proprietà da parte dei governi. In gran parte
questi progressi si verificarono in Europa, a causa della conformazione
geografica del continente che favorì i contatti, soprattutto per
mare. Le relazioni commerciali oceaniche con America e Asia coronarono,
poi, tutti questi successi dando origine a una rete di relazioni di dimensione
mondiale; si trattò comunque di conquiste lentissime. Forse più
tardi, a partire dal XVII secolo, vi fu anche una penetrazione sempre
più profonda dello scambio nelle case contadine e una sua capillare
diffusione nelle città. Con la successiva rivoluzione industriale,
anche i commerci si ampliarono enormemente in ogni parte del mondo sia
in estensione che in profondità. Trovava conferma, allora, quanto
aveva scritto Adam Smith: la divisione del lavoro, rendendo ognuno un
produttore parziale che ha bisogno della produzione altrui, favorisce
l'estensione dei commerci, la quale a sua volta favorisce la divisione
del lavoro. Prendeva così origine una crescita a spirale con volute
sempre più larghe.
P. Malanima

J. Hicks, Una teoria della storia economica, Utet, Torino 1971; R.S.
Lopez, La rivoluzione commerciale del Medioevo, Einaudi, Torino 1975;
F. Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo, Einaudi,
Torino 1982. |
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